‘A MUNTAGNA, I VINI DELL’ETNA

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

I catanesi lo chiamano semplicemente ‘a Muntagna, la montagna. Ogni mattina, forse senza pensarci, scrutano la cima del monte, quel pennacchio spesso coperto dalle nuvole, osservato come un oracolo, come un profeta. La montagna è l’Etna, la più elevata cima siciliana che, imponente e mitologica, domina Catania e tutta la riviera orientale dell’isola. Le sue pietre nere punteggiano il paesaggio dalla cima ai faraglioni, che la leggenda vuole scagliati in mare da Polifemo contro Ulisse fuggitivo.

Quella pietra lavica non è solo storia, è anche componente fondamentale di un altro gioiello dell’Etna: il suo vino. I vini dell’Etna infatti non potrebbero prescindere dalla componente minerale e sulfurea che il terreno gli conferisce in abbondanza; rossi e bianchi, entrambi pregevoli, hanno in comune la componente minerale che li rende strutturati, eleganti e ben predisposti all’invecchiamento.

Per i rossi il vitigno utilizzato è Nerello Mascalese, insieme ad una piccola percentuale di Nerello Cappuccio. Nei secoli, prima della genetica, era impossibile distinguere tra Mascalese e Cappuccio, tanto che molte vigne erano composte dall’uno e dall’altro senza soluzione di continuità e senza che nemmeno il vignaiolo sapesse quante piante rispondevano alla prima varietà e quante alla seconda.

Carricante invece è l’uva utilizzata per il bianco, vino che viene prodotto soprattutto nella zona di Milo, di Zafferana Etnea e del Monte Gorna, sul versante est della montagna, quello che volge al mare, più verde e rigoglioso.

I migliori rossi invece sono prodotti sul versante nord, quel punto cardinale che spesso mal si accorda col vino e invece, nel caso etneo, è il versante più pregiato. Un paesaggio a tratti lunare accoglie il visitatore da Linguaglossa e Randazzo. Paesi segnati dalla violenza del monte, custodiscono le più antiche vigne etnee, tanto che non è difficile trovarvi viti secolari, immense e contorte aggrappate al singolo palo della coltura ad alberello.

Sono vini, quelli dall’Etna, scarichi di colore ma molto ben dotati in struttura, mineralità e sapidità, e soprattutto eleganza. Non è ovviamente la facilità di beva o una generica morbidezza a renderli piacevoli, piuttosto invece è il loro essere celebrali, fini e difficili, che ne fanno nettare prelibato per veri appassionati.

Pregevole poi la produzione in Palmento, oggi fuori dalle leggi e non più praticata, ma proprio per questo tanto più poetica; quelle vecchie case in pietra, suddivise non in stanze ma in vasche, dove dall’uva, pigiata con i piedi, si arrivava al vino finito depositato in botte per il tempo necessario, attraverso vasche poste a livelli diversi e travasi a caduta.

Questo e molto, molto altro ancora sono i vini dell’Etna, che correttamente sono considerati una perla dell’enologia siciliana, italiana e mondiale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *